Tipo record
Tipo documento
Data
Titolo
Presentazione
Legami a persone
Redazione
Descrizione fisica
Filigrana
Titolo uniforme
Organico
Descrizione analitica
Florindo, Irene, O bella Irene amante
Irene, Se ride o parla, o tace
Florindo, Irene, Ma tu che a me simile
Florindo, Nel mostrarmi le belle pupille
Irene, Florindo, E come son del tuo bel sole i rai?
Irene, Occhi miei quando piangete
Florindo, Irene, E come son le labra del tuo bene?
Florindo, L’alma che langue
Irene, Florindo, Florindo!
Irene, Florindo, Caro labro ti consiglio a dar mercè
Trascrizione del testo poetico
F.:O bella Irene amante
D’un crudel che non t’ama
Dimmi se non ti spiace
Nell’amato sembiante
Che cosa è quel, che sì t’invoglia e piace?
I.:Tutto è vago il mio sol ma più che altrove
Sta nel suo labro amore
Indi m’impiaga, ivi m’ha preso il core.
Se ride o parla, o tace
La bocca sua vezzosa
Sempre sa innamorar.
Sì pura e sì vivace
Non sorge in prato rosa
Non ha corallo il mar.
I.: Ma tu che a me simile
Provi d’amor la sorte
O Florindo gentile
Dimmi nel volto della bella ingrata
Che cos’è quel che ti legò sì forte?
F.: I lumi Irene, i lumi,
Ch’havrian pur forza di legare i numi.
Nel mostrarmi le belle pupille
Disse amore per lor morirai
Io risposi alle care faville
Bel morire sarà di quei rai.
I.: E come son del tuo bel sole i rai?
F.: Son bruni son vezzosi,
Son quasi come i tuoi;
Ma più sereni alquanto e men pietosi.
I.: Serene fur queste mie luci ancora,
ma lagrimar poi tanto
che la gioia fuggì rimase il pianto
Occhi miei quando piangete
Voi chiedete
Un sospiro a i labri suoi.
Ma quel labro che v’uccide
Solo ride
Quando vede a pianger voi.
F.: E come son le labra del tuo bene?
I.: La bocca del mio ben la tua somiglia,
E l’una e l’altra sembreria sol una,
S’ei pallida l’havesse o tu vermiglia
Vermiglie fur queste mie labra ancora
Ma sospirar poi tanto,
Che la stanchezza estinse
L’ostro e la rosa, e di pallor le tinse.
L’alma che langue
Sul labro esangue
Mostra ferito il cor.
Ma non lo mira
Non ha pietà
L’empia beltà.
Per cui sospira ogn’or.
I.: Florindo!
F.: Irene!
I.: E quale avrem conforto?
F.: all’amorose pene,
Gran conforto è la spene
Speriam dunque gioire
Doppo un lungo martire,
Che amor di gioie, e di tormenti e fabro
Idolatra io d’un ciglio e tu d’un labro.
I.: Caro labro ti consiglio a dar mercè/
F.: Amato ciglio ti consiglio aver pietà
I.: D’un sospir non esser tardo/
F.: D’uno sguardo non esser tardo
F.: e il ciglio mio parlerà./
E il mio labro sempre a te si volgerà.
Paese
Lingua
Segnatura
collocazione Sant. Hs. 776
Scheda a cura di Magdalena Boschung