Scheda n. 12337

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data certa, 1650-1680

Titolo

Hor che pur ho potuto mover

Presentazione

Partitura

Legami a persone

compositore: Savioni, Mario (1606/8-1685)
autore del testo per musica: Buti Francesco (1604-1682)

Fa parte di

Redazione

Copia

Descrizione fisica

C. 1-12

Filigrana

Non rilevata

Titolo uniforme

Organico

Soprano e continuo

Repertori bibliografici

Bibliografia

Eisley 1964a: N. 55, p. 261.

Descrizione analitica

1.1: (recitativo, re maggiore, C)
Hor che pur ho potuto mover
2.1: (arietta, re maggiore, 3)
Che fò o sto?
3.1: (recitativo, C)
Ahi che la lontananza
4.1: (aria-refrain, re maggiore, 3)
Che fò dunque che fò
5.1: (recitativo-arioso, re minore, C)
Quando tra mille affanni
6.1: (aria-refrain, re maggiore, 3)
Che fò dunque che fò
7.1: (recitativo, C)
Su su tolgansi homai
8.1: (arietta, re maggiore, 3)
Il sentiero che mi guida
9.1: (C)
Benché di pruni e sterpi
10.1: (arietta, re maggiore, 3)
Dunque colà non si ritorni

Trascrizione del testo poetico

Hor che pur ho potuto
Mover un dì lontano il piè tremante
Da quella ria che del mio amor costante
Sempre mi ostinò empio rifiuto.

Che fò o sto?
S’io sto mi moro a fé
E se ritorno ohimè
A maggior pena io vo
Dunque che fo?

Ahi che la lontananza
Da colei che tal’hor mi fea contento
In continuo tormento
Cangia quel poco viver che mi avanza
Poiché un pensier mi accora
Che mi dice ad ogn’hora
Che dee mentr’io di pianto il seno ammollo
Farsi dai miei digiuni altri satollo
Ma che se un tal martire
Mi mi risospinge a quel crudo soggiorno.
Ah che dal mio ritorno
Prenderà l’infedel cotanto ardire
Che superba e orgogliosa disdegnosa
Riderà delle mie pene
Ed ogn’hor mi userà crudeltà nova
Poiché più certa fia per simil prova
Ch’io non posso scampar a sue catene.

Che fò dunque fò
Ritorno o sto
S’io sto mi moro a fè
E s’io ritorno Ohimè
A maggior pena io vo
Che fò dunque che fò?
Quando tra mille affanni
Vivea misero schiavo
Dalla sua tirannia di fede avara
Esposto sempre a tradimenti e inganni
Spareami nel pensier sì dolce e cara
La libertà che lei sola bramavo
E per seguirla non avrei temuto
Gir fra quanti martiri habbiasi Pluto
Et hor che non so
Per via di ritrovarla
Sì nell’aspetto orribile m’appare
Che non oso mirarla.
Poiché solo in pensare
Che se disciolto andrò
Mai più goderò
Di colei che nemica ancora adoro
Apprendere non so
Ch’altro sia libertà ch’un gran martoro
Che fò dunque che fò?
Dunque ritorno o sto?
S’io sto mi moro a fè
E s’io ritorno ohimè
A maggior pena io vo
Che fò dunque che fò.

Su su tolgansi homai
Da questi afflitti rai
Le cieche bende onde gl’avvolse Amore
Fuggite dal mio core
Larve bugiarde onde si scopre il vero.

Il sentiero che mi guida
All’infida
Benché sia di gioia asperso
Nel suo fine poi diverso
Pien d’angosce e gelosia
Ma la via che mi rimane
Alla libera mia vita.

Benché di pruni e sterpi hor sia ripiena
Al fine poi diverrà piana e pulita.

Dunque colà non si ritorni più
Che miglior sempre sarrà
D’una lieta servitù
Una quieta libertà.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

F-Pn - Paris - Bibliothèque Nationale de France
collocazione Mus. Rés. Vmf ms. 20.1

Scheda a cura di Mariangela Stefania Lopatriello
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